Just to help you to understand better:
Kabala (SL)- 50km- Kwendu (SL)- 10km- Heremakono (border town,
GU)- 45km- Faranah (GU)
Kabala to Heremakono: road completely unpaved and terrible
Heremakono to Faranah: the first 10km unpaved but quite flat
the last 35km a wonderful tarred road.
Kabala is a lively small town set in the hilly inland
of Sierra Leone, here I spent the day walking around and climbing
the hill overlooking the town. Then before the dusk came, I organised
the transport to Faranah in Guinea for the next day.
Faranah is roughly 100km from Kabala, but there's not paved road connecting
the towns through this remote area of Sierra Leone. Moreover I was
a little worried about the numerous check points we had to pass to
cross the border in this culturally bribing part of the world.
The wisest and fastest transport was a motorbike, so I had to find
a reliable driver knowing
the way. I found a French speaking driver who told me to have done
it few times, I bargained
the price to 90.000 SLL (30$) to make it to the border, agreeing he
would have passed at 8 am to take me with a more powerful motorbike.
The day after he came on time, and I was almost surprised everything
could go so smoothly,
but then I realised he had the small motorbike and he told me the
big one needed a "petit depannage" (small reparation). Anyway
he assured me it would have taken few minutes.
After one hour I was still waiting and nobody coming at the horizon.
I started to get nervous, and just before complaining the French guy
found both another
driver and bike.
I had no clue if this one knew the way, but I have no time to verify
it and anyway no other chance than taking.
At the beginning the road didn't seem that bad, but getting further
it worsened. Moreover the driver was
running like the hell, since he counted on coming back before the
dusk. Few times I got scared that my ass, jumping at least 30cm, would
have landed somewhere else then the seat.
"Sorry Sir, but there'r gallops" he said everytime he realised
it could have been too much.
being "Gallop" the way the locals use to indicate a very
bumpy part of a road.
In few points the road got so steep that I had to get off and walking
while the guy was sweating
to proceed riding.
The weather was perfect, since during the dry season in this mountainy
part of the country, it's sunny
but not hot, on the opposite in the early morning I even needed a
sweater. The scenery was worthwhile the effort: green areas dotted
with remote villages where groups of topless women were typically
doing the laundry at the stream, while the kids playing all around.
Several time we had to cross small rivers: typically the driver just
started accelerating few hundreds meter before, I guess hoping the
water wasn't to deep. However the most dangerous situations were passing
the bridges, or better some trembling wooden panels less that one
meter wide, one or two meter over the water. In such cases the theory
of the driver was simply: "less you take to cross, more you minimise
the risk", hence he just speeded up like hell. We manage to keep
the balance few times but, obviously once (only once: a miracle!!)
we fell down. Luckily without injuries, but I cursed to the guy for
the next half of hour, uselessly, since he soon forgot and he run
even faster .
We passed so many check points, I mean huts with few soldiers; some
of them were friends of the driver and somehow he managed to dribble
them. While others turned tougher; in particular once they obliged
me to get off and started questioning. I showed to be kind but upset,
saying that I had already paid bribes, that this wasn't the way to
treat foreigner, what about the Sierra Leone hospitality, bla bla....
Surprisingly the border point went particularly smooth and at the
end I never had to pay any bribe.
In the border town of Heremakono I found another driver, and when
I asked him about the Guinean entering stamp he told me I should have
got in Faranah; I insisted I wanted leave the border without having
and at the end he took me to a private house where a lady was doing
laundry with her daughter.
We went inside the house, she opened an old drawer and she took what
it seemed a centenary wooden
stamp. Then she went inside looking for the ink, came back and stamped
energetically my passport.
After that she started writing on it, I mean not signing but really
writing 4 lines.
I've no clue what it's written and in which language, but at the immigration,
when I left the country from the
international airport in Conakry, they seemed very interested in such
writing.
DIAMOND FIELDS (mail in italian)
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31st Dec 2007
Makeni, Sierra Leone
No, qui non c'e' la guerra, o meglio e' finita. Sono
finiti 11 anni di guerra che hanno distrutto quello che c'era da distruggere
lasciando ai posteri case bruciate e amputati.
I ribelli sono stati disarmati con l'aiuto delle truppe britanniche,
i paesi responsabili sono stati identificati (qualcuno si e' pure
scusato), il dittatore Liberiano che finanziava il tutto e' sotto
processo e sono appena state tenute le prime elezioni del dopoguerra
in cui ha vinto un partito democratico.
Insomma ci sono tutte le carte in regola per iniziare a ricostruire
il paese e la Sierra Leone sembra intenzionata a farlo. Come mi ha
detto un ufficiale inglese dell'UN:
"O la Sierra Leone si rialza adesso dall'ultimo gradino o non
avra' piu' un'altra chance come questa"
Il perche' di tutto questo macello?
E' ben noto: le miniere di diamanti.
Il paese potrebbe benissimo essere il piu' ricco del mondo eppure
e' semplicemente il piu' povero, non tra i piu' poveri, ma IL PIU'
POVERO! Dove l'aspettativa di vita e' 37 anni (in Italia 81), dove
c'e' l'80% di disoccupazione, il 60% di analfabetismo, si muore come
mosche di malaria e ci sono tra gli ultimi focolai di vaiolo al mondo.
E' proprio la zona delle miniere la destinazione del mio viaggio che
partendo dalla Guinea entra in SL, per poi passare da Freetown e arrivare
nella zona orientale del paese al confine con la Liberia.
Il tutto e' iniziato con un simpatico uccello che, durante
il decollo, ha deciso di entrare nel motore dell'aereo rompendo delle
palette del compressore e obbligando a riatterrare con tanto di show
dei vigili del fuoco.
E' stato pero' solo a Freetown che ho avuto qualche momento di scoraggiamento
che mi ha portato a lasciare la capitale prima del previsto. In seguito
pero' e' stata la sorte a baciarmi in fronte quando la mia strada
si e' incrociata con quella di Ben e Miranda, due olandesi che lavorano
per un ospedale locale e presi da pieta' mi hanno caricato sulla jeep
della loro organizzazione.
Quello che era uno strappo per attraversare una zona di jungla fino
alla riva di un fiume, si e' trasformato in un passaggio lungo vari
giorni con lo stesso obbiettivo:entrare nella zona dei diamanti.
Non era chiarissimo come poter fare per accedere ad una miniera, l'
idea era quella di andare nella citta' piu' grande e trovare qualche
aggancio: cosi' abbiamo fatto.
La citta' di Kenema non abbonda certo di guesthouse e un buon
posto dove dormire si e' rivelato l'ex quartiere generale delle milizie
antiribelli durante la guerra. Gli hanno dato una bella riverniciata,
grattato via un po' di sangue e voila' pronte tante belle stanzette
in cui passare la notte.
La sera un po' per l'agitazione di come sarebbe andata il giorno successivo,
un po' per il caldo stagnante dentro la zanzariera non riuscivo a
dormire. Mi sono messo a leggere un libro scritto da un bambino soldato
delle truppe antiribelli che ora vive negli States (grazie Betto!)
che racconta, con abbondanza di particolari, ogni sorta d'atrocità
che lui ha commesso durante la guerra. Impossibile quindi non pensare
a quanto dolore, rabbia e odio sia stato provato pochi anni prima
magari proprio in quella stessa stanza.
La mattina gironzolo per la caotica citta' e rimango sorpreso da come
tutti i negozi, indipendentemente da cio' che trattassero, comprassero
(ma non vendessero) diamanti. Tutto ma proprio tutto basato sul commercio
di diamanti, comprese ovviamente le attrezzature per cercarli: pale,
palette, setacci....
un po' come l'attrezzatura di Zio Paperone per cercare l'oro nel Klondike
:-)
Non passo certo inosservato e il coro di 'Pobui, Pobui, Pobui (white
man)!!' mi segue come un eco in qualunque angolo mi infili. Faccio
un po' di domande in giro con quell'aria indifferente da 007 all'opera,
che attira l'attenzione piu' di un cartello luminoso sopra la testa.
'Sir, won sii diamonds?? I shoo you!'
Tutti la stessa frase, ma di vedere i diamanti a me non frega niente,
io voglio vedere una miniera!!!!!
Trovo uno che mi da qualche consiglio:
' Sir, guidi per 27 miglia verso Nord (circa 4 ore), raggiunga il
villaggio di Tongo, chieda del capovillaggio, mostri i soldi e qualcosa
succederà'
La strada e' cosi' disastrata che non si viaggia oltre
i 15 km/h e in piu' arriva il primo check point. Inizialmente mi preoccupo
ma, il logo del NGO sulla jeep e' un gran lasciapassare, nessun militare
osa bloccarci e chiedere soldi.
Come in ogni altra strada in Sierra Leone le macchine private sono
rarissime e l'unica cosa che si vede per la strada sono le jeep dell'UN,
stracolmi minibus libici (donati da Gheddafi per farsi perdonare dall'opinione
pubblica per aver finanziato i ribelli), capre e gente che cammina
nel mezzo della jungla per andare chissa' dove. Non manchiamo di dare
passaggi soprattutto per fare qualche domanda, ma appena si nominano
i ribelli del RUF le bocche si chiudono e nessuno spiaccica una singola
parola.
Lungo la strada villaggi di molte case distrutte e bruciate, con a
fianco un capanna di fango in cui vivono gli ex proprietari.
La scena e' sempre la stessa a tal punto che ci si fa anche l' abitudine.
Gironzolo all'interno di una delle villette vittime della guerra.
Non ha il tetto ma le stanze ci sono tutte; entro nel bagno e c'e'
ancora la vasca e il water con lo sciacquone come se i proprietari
fossero fuggiti pochi istanti prima.
Il panorama e' unico: una strada di terra rossissima
che serpeggia nel verde delle jungla o di quella che era la jungla
prima della guerra.
Arriviamo al villaggio. E' domenica e la strada e' colma di gente
in citta' per il mercato; scendo dalla jeep e mi sento leggermente
osservato.
'Pobui, pobui (white man)!!!'
Che siano arrivati tre bianchi in citta' ora lo sanno proprio tutti,
e quindi non e' il caso di fare domande per strada. Ci infiliamo nel
recinto di una chiesa cristiana. All'interno un gruppo di donne si
gira e mi fissano come se fosse entrato un alieno. Mi blocco, come
vedessi una scena vista in qualche film dell'africa degli anni 70.
Loro vestono abiti coloratissimi, verde acqua o arancione, che fanno
risaltare molto la carnagione scura, con enormi cappelli di paglia,
adornati di fiori di stoffa, indossando gioielli e pietre. Sono allineate
sulla panchina di legno e tengono in mano le borsette luccicanti .
Si devono essere messe qualche unguento perche' hanno una pelle che
brilla, come un paio di scarpe appena lucidate.
Qualcuno da dietro:
'Good morning Sir, fra poco inzia la cerimonia, vuole unirsi a noi?'
A parte il fatto che cosi' ricoperto di terra rossa e sudato
come un cammello, mi vergogno, ma in realta' sono qui per un altro
motivo. Parto all'attacco:
' Dear friend e se per caso volessi dare un okkiata a qualche miniera
di diamanti?'
'Oohhhhhhh diamonds' E gli si illuminano gli occhi...
Allora chiama un altro tipo che contatta al cellulare un altro che
alla fine manda qualcuno a prenderci. Il nostro improvvisato accompagnatore
non chiacchiera molto, sale sulla jeep con noi e ci indica la strada.
Ammetto fossi un po' nervoso...
Usciamo dal paese e passiamo dei campi per scendere sul fondo di una
leggera vallata dove scorre il fiume. Subito, come se si fosse alzato
il tendone di un palcoscenico, si apre uno spettacolo inaspettato:
centinaia di persone a scavare e setacciare tra la fanghiglia, come
fossero tante formiche che lavorano in un enorme formicaio.
Scendiamo e iniziamo a camminare su un sentiero, ci raggiunge quello
che dovrebbe essere un po' il Boss, ma non altro che un ragazzotto
bello robusto e con la maglietta un po' meno a brandelli degli altri.
Gli spieghiamo che lavoriamo per l'ospedale di Makeni (magari io non
proprio:-) e questo aiuta a rompere il ghiaccio. Lui subito se ne
esce con:
'You wanna tek snaps?'
Sudo freddo, pensando che qualche scatto lo vorrei davvero portare
a casa, ma ribatto con un:
' non e' importante e solo se le persone sono felici di farsi fotografare'
Che ovviamente non significa una beneameata fava, ma lui tutto soddisfatto
mi sorride e mi stringe la mano.
Iniziamo a camminare tra gli operai:
a cercare i diamanti tutti uomini, eta' massima 25 anni e le donne
portano il cibo. Condizioni di lavoro drammatiche e caldo insopportabile,
ma erano davvero in tanti. I ragazzi non hanno paga, guadagnano solo
quando trovano diamanti. Quindi chi non trova non mangia.
Intorno a me sento tantissime voci chiamarmi, come al solito saluto
stile Papa accompagnando il tutto con le sole due frasi di krio imparate.
In molti ad urlarmi:
'Thank you for being here!'
Perche' mai dovrebbero ringraziarmi per essere li???
Secondo me mi hanno confuso con qualcun altro :-)
Chiedo se oggi hanno trovato qualcosa. Lui alza la testa
fa un urlo e dopo poco un ragazzino corre verso di noi,
gli da un sacchettino, lui lo versa sul palmo della sua mano e ne
escono due diamantini grezzi che, in particolare su una pelle scura,
brillano come di luce propria.
A lui luccicavano gli occhi, come qui luccicano a tutti quando si
parla di diamanti. Se da una parte qualunque persona appena accenni
alla guerra si chiude e tace, dall'altra solo a nominare i diamanti
gli sguardi si illuminano e le persone si inebriano, iniziando a parlare
di carati, purezza, tagli...
E' strano perche' per me in Sierra Leone tra le due cose sembra non
esserci proprio alcuna differenza.
Alby