TRAIN WHEEL CHANGEOVER AT THE BORDER
It was almost evening when at the Warsaw station the train
to Minsk arrives. The blue carriages with the white curtains adobed by dusty plastic
flowers showed clearly it was a Russian train and the "pravadniza's" (the
responsible of each carriage) quickly got off to check the document of each passenger. The
train was clean and calm as usual in the Russian ones, and the hours flew travelling to
the border.
After a troubleless passport control finally we entered "the
white Russian"; considering there were still many hours left I decided to lie down to
sleep.
It hadn't passed more then a quarter of hour that I almost rolled
down my bed (the upper one) having this unpleasant feeling that my carriage was detached
by the others being bumped inside a huge garage.
At one point the door got opened and the light turned on. It was
"the pravadnitsa" who quite roughly was saying something pointing the worn
carpet on the floor. Then she lifted it up showing a kind of manhole closed by a metal
plate and left.
I was already cursing thinking about a break down, when I tried to
lie down again.
No way! After few minute the door was opened again and the light
turned on as well. Now it was a worker, who, quite embarrassed, removed from such manhole
a one-meter long pivot. Then he left.
Immediately after I felt we were slowly lifting up and quite puzzled
I got off the bed and peeked outside.
Then I got! It was the gauge change of the railway; in fact in all
the former URSS the rails are 15 cm wider than in the rest of Europe, hence every train
crosses the border, carriage by carriage, must be lifted up and all the lower frame
substituted. It takes every time from two to three hours.
In fact finally another worker entered the compartment, stick again
the pivot finally letting me sleep. In the morning I woke up while the train was running
through the snowed and frozen Belarusian flat landscape; we almost were in Minsk, and it
was just the beginning of the travel.
MAIL (sent to my friend 24 March 2005 from Brest)
Marzo 2005, Brest
...forse bisogna proprio cercarla una buona
ragione per viaggiare in Bielorussia o forse non serve
neppure una buona ragione se non vedere e tentare di capire
come una paese grande piu' o meno quanto l'Inghilterra,
che fino a 15 anni fa era la capitale industriale della
Russia occidentale, ora si inserisca anonimamente in quel
puzzle di stati dell'ex URSS.
La sera quando a Warszaw e' arrivato il treno che mi avrebbe
portato a Minsk (capitale della Bielorussia), ero sorpreso
nel vedere che fosse un treno russo: carrozze azzurre,
tendine a pizzo bianche, passatoia rossa lungo il corridoio
e fiori finti impolverati.
In 5 o 6 ore si arriva al confine, dove si aspettano le
solite due ore in controlli di documenti, visti, dichiarazioni
varie di valuta, cellulari, macchine fotografiche, loro
domande senza mie risposte... ma poi alla fine si riparte,
oramai e' notte fonda e io mi metto a dormire, con ancora
quasi 10 ore di viaggio davanti. Non e' passato però
molto tempo e la mia carrozza inizia a prendere dei colpi
da farmi quasi cadere dalla brandina. Ho avuto quella
strana e spiacevole sensazione che il mio vagone fosse
staccato dagli altri. Nello stesso momento entra la controllora,
rigorosamente Bielorussa, accende la luce, urla ad alta
voce non so cosa, sposta i bagagli per terra e alza la
consumata passatoia rossa fino a trovare una specie di
tombino. E poi se ne va. Nel frattempo guardo fuori dal
finestrino e vedo che il vagone, effettivamente separato
dagli altri, entra in una specie di enorme officina, con
a lato una schiera di operai. E' notte e mi sento un po'
intontito. Spengo la luce e mi rimetto a dormire.
Non se ne parla neppure. Entra un frettoloso e congelato
operaio che riaccende la luce, alza il tombino e tira
fuori un perno d'acciaio da mezzo metro largo una spanna,
poi esce. Dopo un minuto ho ancora una spiacevole sensazione:
il mio vagone si sta alzando e non di poco. Vedo gli operai
fuori scendere in basso... mi vesto, esco dallo scompartimento
e vedo un altro vagone sollevato a un metro e mezzo, senza
tutta la parte inferiore, ruote mica ruote e ammennicoli
vari. Dopo poco con un argano e' trainato un nuovo telaio
e riabbassato il vagone.
La riparazione di un guasto??
No, normale routine: in Russia lo scartamento dei binari
e' piu' largo e quindi ai treni che attraversano la frontiera
cambiano le ruote con tutta la struttura inferiore. Tempo
impiegato per tutto il treno: 2 ore. Ritorno a dormire,
dopo 2 ore rientra un altro operai, riinfila il pernone,
e io mi addormento.
La mattina mi sveglio e il treno corre lungo la pianura
innevata. Qui l'inverno non e' finito.
Sul treno conosco un tipo che ha un amico alla stazione
che mi presenta a sua volta un amico:
"Chi ti aspetta qui a Minsk?", domandano
"Nessuno", gli rispondo
"Cosa!! sei matto? Ti porto a casa mia"
E infatti mi a portato nel suo appartamento nella triste
ma bianca periferia di Minsk. La moglie mi offre la colazione
e il figlio di 11 anni timidissimo non osa dire una parola.
Lui e' un professore, insegna ai cechi, mi accompagna
all' accademia e poi all'università'. Vuole che
rimanga a dormire a casa sua, ma ovviamente non se ne
parla neppure. Alla fine mi trova un posto in una pensioncina
dove ospitano i visitatori dell'istituto in cui lavora.
Minsk, come un po' tutta la bielorussia e' una stato di
polizia sotto la dittatura di un infame di nome Lucashenko
che nel 96 si e' dato tutti i poteri togliendoli al parlamento
con un referendum fittizio, che neppure che la comunità
europea ha riconosciuto. Ha cambiato la bandiera, la festa
nazionale e ha imposto il russo come lingua ufficiale
(solo il 10% delle scuole insegna in Bielorusso). Ora
qui di liberta' c'e' ne e' poca. Sventolare la bandiera,
anzi la ex bandiera nazionale e' reato! Ma alla gente
questo non piace e nella capitale si vive un po' di tensione.
In centro c'era una manifestazione, anzi direi una mezza
rivolta e la cosa piu' incredibile e' che le centinaia
di militari non erano schierati tanto contro i manifestanti,
ma erano allineati lungo il perimetro delle strada, spalla
contro spalla a formare un muro, per evitare che i passanti
si unissero. Tutta la gente era ferma come a sostenere
i manifestanti con lo sguardo o urlando "Bielorussia
libera" mentre la polizia li caricava. Ho trovato
un ragazzo che parlava inglese:
"Entrare nella comunità europea, questo e'
quello che veramente vogliamo, fortunati vuoi in Italia...."
se sapesse quanto poca consapevolezza c'e' di questa fortuna
da noi, smetterebbe di invidiarci.
Ho viaggiato da Minsk verso il confine polacco nella campagna
Bielorussa: con tutte le sue casettine di legno colorate
che riescono a risultare quasi caratteristiche. Non facile
trovare da dormire, sporadici i mezzi pubblici, poco succulento
il mangiare. Stranieri ben pochi e viaggiatori ancora
meno, ma la Bielorussia ha voglia di cambiare,e in questo
e' molto differente dalla ex mamma russa; lo si vede nella
gente, ma un po' meno nel governo.
Alby
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